GAD TIDHAR Factory Asks

Gad Tidhar

Desert music for a rich soul

Factory Ask meets today a really interesting artist, Gad Tidhar. He was born in Israel in 1983, and his musical education began with the guitar. At the age of twenty-two, he bought his first oud and started to explore the music of Turkey, Persia, and the Arab world. He studied Persian music for three years with tar virtuoso Piris Eliyahu, followed by oud with Nizar Rohana, and also traveled to Crete to study Turkish music with Ross Daly.

In 2009 he formed the Faran Ensemble with kamancheh player Roy Smila and percussionist Refael Ben-Zichry – the trio released their first album in 2013, have performed as far as Germany, the Netherlands, and Poland, and even appeared in a video by the band U2! He also founded the ‘Durbar’ trio in 2015, together with Jordi Pratz on sarod and various percussionists, to combine Persian and Indian music. In 2016 established ‘Lucid trio’ with two great artists from small Mitzpe Ramon. The first artist, Sigi Yadgar plays the piano, and the second Jacky Fay the cello.

Gad currently lives in Mitzpe Ramon, in the heart of the Negev Desert and we are really pleased to interview such a great artist like Gad for Factory Asks within Under-Blog.

01. How did your artistic career begin?

About ten years ago, a friend told me that there is one teacher I must go to. I had just started to play the “oud”. At that time, I was herding camels in the Negev desert. Traveling with 50 camels from place to place. Sleeping mostly outdoor, for about ten days a month, living an ancient version of life. After Reaching the teacher, I have understood that music is what have been searching. I have started to practice as much as I could and compositions started to come. A few years after, with that Roy Smila and Refael Ben Zichry, we have founded Faran.

"Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista" Factory Asks 0026
Gad Tidhar play oud in Nagev desert
02. What are the main sources of inspiration for your work?

Nature’s silence. Traveling in the desert or any other timeless landscape fills me with melodies.

03. As an artist what is your maximum aspiration?

Well, I don’t know.. I wish I had something like that. I wish to do soundtracks to amazing movies, to keep learning from the ancient traditions.

04. Is there a characterizing message related to your work?

Love nature. respect the creation.

artist Gad Tidhar
Gad Tidhar reflections
05. What does underground mean to you?

Creation moved by inner passion, ignoring functional thoughts and doubts.

06. What are your next projects?

I have some projects that I love and try to promote.
Lucid – the new trio of oud cello and piano
Durbar – the oud & sarod, Tombak & Tabla
, and Faran, the first professional project I have. Trio wishes Kamancha, oud, and percussions.

Thank you Gad for your precious interview!

Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista
Some precious links:

Edited by Daniele V. One of the founders of the PUM – Pisa Underground Movement. Devoted to electronic music and its cultural background. I started writing to accomplish the need to tell what’s going on and track change about our activities, and I found new energies and interests.)

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    Martino Prendini Factory Asks

    Martino Prendini

    Video-sincrasie in full HD

    Un video-artista molto promettente: Martino Prendini. Lui non sa di preciso cosa fa. Nel suo sito c’è scritto “illustratore ed animatore 2d” ma è sempre un bel po’ difficile spiegare ciò che sta facendo e che vorrà fare. Video, illustrazioni, animazioni, live visual, ma d’altra parte le etichette contano poco, servono più per scrivere tag o compilare curricula che per altro. Di certo c’è che è nato a Rovigo nel 1985, che quindi ha passato i 31 anni, e che gli piacciono i contrasti e le contraddizioni, come la giustapposizione fra la concretezza delle arti tradizionali e le sperimentazioni dell’epoca digitale.

    Ciao Martino, benvenuto su Factory Asks!

    01. Come hai intrapreso questo percorso artistico?

    A dire il vero, il mio percorso da video-artista è sempre stato abbastanza strano ed un pò difficile da seguire ed identificare, almeno ad un occhio esterno. In ambito visivo ho cominciato con grafica e web design, mano a mano provando cose diverse, dall’illustrazione alle riprese live. Ultimamente mi affascina molto la glitch art, tutto ciò che compete una performance live visual e, naturalmente, l’animazione. Tendo a muovermi molto, in ambito creativo, da un lato per una questione di curiosità dall’altro perchè vivo molto a periodi… Posso smettere di disegnare a lungo, ad esempio, perché in un periodo mi coinvolge maggiormente lavorare con una camera. » probabile quindi che in futuro questo percorso potrà cambiare ancora, d’altra parte mi piace lasciarmi sorprendere.

    An Exit from Martino Prendini on Vimeo.

    02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

    Le influenze sono molte e molto differenti fra loro. Anzitutto la musica ha sempre avuto un ruolo chiave. Molto del mio lavoro si lega ad essa, ed anche quando non lo fa direttamente questa mi influenza nel processo creativo. Sono un divoratore di musica e piuttosto onnivoro, e difficilmente lavoro senza. Se devo pensare ad un’influenza specifica, le chine zen ad esempio sono state la ragione per cui ho cominciato a disegnare tanti anni fa. Nello specifico la copertina di un’edizione del Tao Te Ching, che da ragazzino mi catturava incredibilmente e dalla quale ho provato ad imitarne lo stile. Ma da qui si procede in modo parecchio caotico… Molto cinema, fotografia, scenografia teatrale, certa scena indie nei video-game, per cominciare. Mi impongo quotidianamente almeno un’ora di ricerca in campo creativo, visto fra l’altro che gestisco un sito di ispirazioni. Un altro ruolo chiave lo hanno le persone e gli incontri, spesso sono la maggiore fonte di ispirazione anche se apparentemente in forma indiretta.

    03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

    Anzitutto tendo sempre a schivare i termini “video-artista” e “arte”. Non sono etichette che mi competono, che ci si possa auto-affibbiare con nonchalance. Ho sempre preferito l’ambiguità fumosa del termine “creativo”. Chiarirò questo, ciò che voglio è semplicemente essere diverso domani rispetto ad oggi. In un’altra posizione ed un altro punto di vista. Costi quel che costi, e coi miei limiti. Non voglio ridurmi ad essere solo me stesso per tutta la vita. Questa credo sia la mia massima aspirazione, sia umana che relativa a tutto ciò che faccio.

    04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

    Più che messaggio si tratta di suggestioni. Amo il termine suggestione, perchè si relaziona all’inconscio e all’impatto che da video-artista ricerco sempre. Amo la tensione, provare a renderla, viverla, credo sia un fil rouge di ogni cosa che faccio. Non cerco risoluzioni ed equilibri nei miei lavori, ma il tendersi, il volgersi verso, spesso in posizioni scomode, uno sforzo quasi fisico coi tendini in mostra, che coinvolga il corpo anche se indirettamente. Non a caso prima ho parlato di musica, non a caso mi affascina il movimento attraverso varie accezioni. Un’altra suggestione per me importante è l’impatto col mistero femminile. Per me il mistero più bello e inconoscibile e struggente dell’universo. Si tratta di un mondo intero, un ecosistema, un paesaggio completo in per sé stesso, fragile ed indistruttibile. Infondo tutto ciò che faccio è una lettera d’amore e al contempo un modo per scoprire o immaginare ciÚ che si cela dietro al mistero. Stranamente, persino nei lavori che sembrano meno legarsi alla femminilità essa c’è, magari in un tratto o nel modo in cui compare un’idea.

    05. Che cosa vuol dire underground per te?

    Se penso ad underground, per un video-artista penso ad un muoversi dal basso. Che per me è il movimento più autentico e potente. Come dire, qualcosa che sale dalla pancia per coinvolgere tutto il corpo, tutto quanto l’attorno. Chi parte dal basso lo fa per necessità, lo fa per un sentire irrefrenabile, lo fa perchè proprio non può fare altro. Ed in questi casi è necessario condividere, trovare urgenze simili alla tua, ed è allora che diventa un movimento. E conosco bene cosa voglia dire questa urgenza fuori dai circuiti, venendo da una realtà piccola e dimenticata come Rovigo. C’è bisogno di questo, l’underground è il luogo mentale e di condivisione di questo movimento che parte dalla pancia.

    This is what detox feels like – short film for BBC’s Drugsland series from Martino Prendini on Vimeo.

    Grazie Martino, a presto!

    Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista
    Alcuni preziosi links:

    Video di Martino Prendini


    Rozza - cultura

    Edited by Domenica Carella. Domenica in arte Rozz Ella è una DJ impegnata e appassionata di musica elettronica. Il suo percorso artisitico nasce nella sua città di nascita (Taranto) e si sviluppa a Pisa, nei centri sociali e non solo, legali e non. Da ultimo la vediamo sulle frequenze della bass music con Neanderthal della crew di Space Vandals e come resident per il format ClubCultura al Caracol Pisa. In passato ha collaborato con la redazione di AutAut.

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      TANIA FILIPA Factory Asks

      Tania Filipa

      When rhythm is like geometry

      Tânia Filipa is a very recognizable graphic designer from Lisbon, Portugal. The work of self-taught Portuguese artist Tânia Filipa embodies an abstract vision. Her project is running since March 2013 and she has worked with a variety of clientage, from start-up labels to “big” labels and clients. The visual project is immensely connected to electronic music influence. The main influence present in all projects is minimal art. Simple, objective and catchy. Her approach is very striking and bold creating a beautiful outcome that combines an extremely strong and formal reduction in the use of neutral colors based products. Lines, circles, triangles, and squares it’s always part of the process, the beauty on simple elements it’s what she stands for.

      01. How did your artistic career as a graphic designer begin?

      My artistic career began around 2011/2012. The interest in Graphic Design was something that grew up naturally by seeing the work of others at the time, in my home country Portugal (for me it made no sense the Art that was being associated with certain projects).

      refresh tania filipa
      Tania Filipa for Refresh

      The first projects I did were only meant to be shared with friends and to try to give them a different perspective of what could be done in a matter of Art – Music relationship. The feedback at the time was insanely good, I was not expecting it at all. I just started by doing some very basic stuff on Photoshop and later on, I started using Illustrator and Corel Draw to really create my own original pieces of artwork.

      I must say this all happened because of a dear friend called Diego Ortiz, who encourage me to take things to the next level and to get more serious about what I was creating… That I could actually have a future with the Art I was creating in the Electronic Music scene. I wasn’t as positive as he was I must admit, however, I gave it a try in early 2013, choose a name for the project, launched a website, started contacting some labels, and it has been growing ever since! I’m very happy with my achievements so far and I hope to keep contributing more and more with my Art in the Electronic Music world.

      02. What are your main sources of inspiration?

      My work as a graphic designer is mainly inspired by… Myself. My thoughts, the way I like to see things. It’s very simple, minimalistic and abstract, I love neutral colors, I love small text, I love to keep it consistent… But the key element is of course… Music! When I’m working, I’m always listening to music, discovering new artists, listening to something related to the project who hired me… It all started because of Electronic Music, so it is the key element! Of course, there are also a lot of Designers that have done exquisite projects that also inspire me like Network Osaka; Ray Sison a.k.a SkilledConcept and Ross Gunter.

      03. As an artist what is your maximum aspiration?

      My maximum aspiration is to always work with people who understand the message that I’m trying to pass. People that love my Art and that trust me completely when it comes to finalizing a project that they requested. It’s very important for me to be surrounded by people who make me comfortable, and that does not pressure me by confining my creative process. People who see the same beauty in Abstract Art as I do. So, basically as long as I get to do what I love, with people who love to see and also connect themselves with what I, I can say that I’m fulfilled.

      Tania Filipa
      Tania Filipa for Alex Harmony
      04. Is there a characterizing message related to your work?

      Yes for sure, the message behind my work as a graphic designer is that less is more! You can always see more and understand more with less to look at. My work is done around simplicity and what can be achieved by… Personally I think the more Info you put on a Flyer, for example, the fewer people actually see what that Flyer is trying to transmit you. So it’s always good to keep things at a level where it’s harmonious. For me, nothing else makes more sense than something Minimalistic and full of Geometry!

      05. What does underground mean to you?

      Well… Lately, it seems to be such an “ordinary” word, people who have no clue about how it all began, what it stands for, or even when it began, say that they are underground, that they “live” for the underground. Unfortunately, it seems to be like a plague nowadays, it’s more of a status than a movement for the majority. However for me, it stands for roots, I love to watch documentaries about it, about how it expanded, how it all started… Underground for me right now, means not a crowded place, not a trendy DJ and people around me that I have never seen before in my life, just dancing…

      Thank you Tania!

      Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista
      Links:

      TF Concept Design on Facebook

      Latest works

       

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      Rozza - cultura

      Edited by Domenica Carella. Domenica in arte Rozz Ella è una DJ impegnata e appassionata di musica elettronica. Il suo percorso artisitico nasce nella sua città di nascita (Taranto) e si sviluppa a Pisa, nei centri sociali e non solo, legali e non. Da ultimo la vediamo sulle frequenze della bass music con Neanderthal della crew di Space Vandals e come resident per il format ClubCultura al Caracol Pisa. In passato ha collaborato con la redazione di AutAut.

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        ROADS by PUM Art novels and stories

        Ultima graphic novel

        CAPITOLO 1. L’OMBRA

        TAVOLA 1 ULTIMA
        Copyright Ultima Graphic Novel; L’ombra

        tavola 2
        Copyright Ultima Graphic Novel; L’ombra

        tavola 3
        Copyright Ultima Graphic Novel; L’ombra

        tavola 4
        Copyright Ultima Graphic Novel; L’ombra

        tavola 5
        Copyright Ultima Graphic Novel; L’ombra


        Edited by Roberta Ada Cherrycola www.instagram.com/ada.cherrycola

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          Teresa Basili Factory Asks

          Teresa Basili

          Il “Make-up”, una nuova forma espressiva

          Una giovanissima make-up artist, Teresa. Nasce il 12 novembre del 1990. Inizia a studiare musica da parecchio piccina con il pianoforte. Tra amore e odio iniziali riesce a farselo amico fino ai 20 anni, lasciandolo poi per trasferirsi a Milano dopo aver frequentato il Liceo Artistico Musicale di Lucca, per iniziare gli studi di scenografia all’Accademia di Belle Arti a Brera. Dopo la laurea intraprende quello che sarà il suo futuro da make-up artist alla scuola di trucco BCM di Milano.

          01. Come hai intrapreso il percorso artistico del make-up?

          Fin da piccina mi dilettavo a colorare la faccia di mio fratello con le matite acquerellabili bagnate sputandoci su, ma finiva sempre a schiaffi. Ho iniziato frequentando il corso di scenografia all’accademia di Milano. Un giorno dall’aula accanto alla mia spunta una donna che aveva i capelli come Doc di Ritorno al Futuro, era un’insegnante. Chiese se ci fosse qualcuno disponibile a fare da modello per un ragazzo che doveva realizzare un trucco teatrale… : “vengo io!”. Così mi sono fatta impiastricciare la faccia e mi sono innamorata per la prima volta nella vita. Quando ho iniziato la scuola per truccatori ho incontrato di nuovo la donna con i capelli di Doc, è stata la mia insegnante di effetti speciali. Ho iniziato così.

          TERESA BASILI make-up
          Foto: Nicol P. Claroni
          02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

          Tutto. Qualsiasi cosa io veda, senta, tocchi o ascolti. Sono molto curiosa, questo mi aiuta. Quando lavoro per commissioni, che siano film o spettacoli teatrali, faccio mille ricerche per capire cosa vogliono e come arrivare al progetto finito. Quando lavoro per i miei progetti di make-up personali faccio la stessa cosa ma sentendomi molto più libera. Do sfogo a quello che penso perché è il mio progetto e posso scegliere ciò che voglio, dire e trasmettere cose molto più personali.

          03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

          Poter riuscire a creare, esprimere attraverso corpo e colori in totale libertà. E allo stesso tempo trasmettere sensazioni, di qualsiasi genere, agli altri.

          TERESA BASILI make-up
          Foto: Nicol P. Claroni
          04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

          Credo di si, nei miei progetti esiste sempre un tema che è quello del doppio. della specularità, bianco e nero. E bianco e nero siamo noi, un dualismo di cui non ci libereremo mai.

          05. Che cosa vuol dire underground per te?

          Underground è la creatività che non viene trasmessa attraverso i normali canali commerciali, è sperimentazione libera da ogni vincolo imposto.

          Concept Foto di Nicol P. Claroni, Make up di Teresa Basili

          Grazie Teresa per la tua disponibilità e la bella chiacchierata, a presto!

          Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista
          Links:

          Sito Web di Teresa Basili


          Edited by Roberta Ada Cherrycola www.instagram.com/ada.cherrycola

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            Factory Asks

            ELENA BRAVI & FRANCESCA PUCCI

            L’Arte come laboratorio per le nuove generazioni

            In questa puntata di Factory Asks vi presentiamo il lavoro di Elena e Francesca, due giovani artiste che hanno fatto della loro passione per l’arte un laboratorio di crescita per le nuove generazioni.

            Ciao! Mi chiamo Elena, 30 anni (a maggio ahimè 31!), laureata in storia dell’ arte all’università di Firenze. Dopo un’ esperienza in galleria mi sono avvicinata al mondo della didattica per bambini, sviluppando un laboratorio legato all’arte grazie ad alcune collaborazioni prima su Firenze poi con associazioni del territorio lucchese.

            Invece io sono Francesca Pucci, classe 1983. Mi sono diplomata alla scuola di fotografia APAB di Firenze. Collaboro con festival di cinema e riviste di musica e da circa un anno e mezzo gestisco un laboratorio artistico per bambini e ragazzi insieme ad Elena.

             Come nasce il tuo interesse per l’arte? C’è un momento che ricordi in particolare?

            Elena | Il mio interesse per l’arte nasce alle scuole superiori. Inizialmente i piani erano altri, ho fatto il liceo scientifico linguistico perchè volevo diventare interprete e girare il mondo, poi al terzo anno, grazie ad una professoressa di storia dell’arte, arriva la folgorazione. L’arte antica, il rinascimento, il ‘600, l ‘800 e le Avanguardie, Picasso. Musei, mostre, libri d’arte erano diventati la mia priorità! Finito il liceo non è stato difficile scegliere a quale facoltà iscrivermi.

            Francesca | Ero davvero piccolissima. Mi nutro di arte da sempre. Dalle elementari le materie artistiche erano le mie preferite e a 14 anni ho scelto di frequentare l’istituto d’arte ad occhi chiusi. Da ”grande” la passione artistica è spaziata nel cinema e soprattutto nella fotografia. Il percorso è stato lungo e tortuoso, ma è stato ed è ancora bello,  sperimentare, sbagliare e imparare. Tanto.

            Che esperienza hai nel campo culturale?

            Elena | Le mie esperienze più importanti fino a questo momento in ambito culturale riguardano i bambini e il laboratorio d’arte a loro dedicato. Citerei i laboratori di due anni fa durante il festival Cartasia. Lì ho avuto carta bianca per progettare visite giudate e laboratori creativi. Più recentemente ho avuto modo, insieme a Francesca, di portare alla scuola primaria di Capannori dei laboratori di avviamento alla fotografia, ideati e progettati interamente da noi.

            Francesca | Come fotografa mi occupo di fotografia di musica e cinema. E’ impossibile per me non pensare alla fusione di queste arti tra di loro. Nell’ultimo periodo le mie esperienze in ambito culturale hanno spostato l’attenzione anche sui bambini lavorando insieme a Elena.

            Quali sono i maggiori ostacoli che hai incontrato (o che incontri) nella tua realizzazione professionale?

            Elena | Gli ostacoli più grandi riguardano soprattutto la resistenza riguardo l’arte contemporanea, che spesso non viene capita o è ritenuta non adatta ai bambini. In una città piccola come Lucca poi è difficile farsi strada tra associazioni o realtà già ben radicate nel territorio. Devo dire però che in alcuni casi ho trovato molta collaborazione e interesse e sono riuscita a concretizzare alcuni miei progetti.

            Francesca | La diffidenza dei “grandi”.

            Quali son state le più grandi soddisfazioni fino ad ora?

            Elena | Credo che la più grande soddisfazione sia vedere i bambini incuriositi e interessati a un linguaggio artistico nuovo per loro. Appassionarli all’arte contemporanea è il mio obiettivo principale e loro mi ripagano dieci volte tanto!

            Francesca | Gli occhi incuriositi dei bambini. Ma anche le loro risposte inaspettate. I bambini sono degli osservatori e dei creatori di immagini puri!

            Laboratorio Artistico
            Copyright Elena Bravi & Francesca Pucci
            A cosa stai lavorando al momento?

            Elena | In questo momento sto portando avanti un progetto di fotografia insieme a Francesca. Dopo l’esperienza alla primaria di Capannori vorremmo coinvolgere i ragazzi delle medie e avvicinarli alle tecniche e al linguaggio fotografico. Personalmente sto lavorando con una cooperativa che gestisce la didattica del Centro Pecci e altri musei tra Prato, Pistoia, Pescia e Montecatini.

            Francesca | Come ha già detto Elena, vorremmo avvicinare sempre più bambini e ragazzi al mondo della fotografia e dell’arte in generale, riuscire a nostro modo ad educarli a leggere le immagini che ci circondano e  quelle che stanno nella loro immaginazione.

            Perché hai scelto di lavorare con i bambini/adolescenti?

            Elena | I bambini sono ad oggi i miei unici interlocutori per quanto riguarda l’arte! Sono curiosi, senza pregiudizi, senza schemi, sinceri. E arrivano al cuore delle cose. Sono capaci di capire Pollock o Fontana meglio di qualsiasi critico d’arte!

            Francesca | Perché sono puri. Perché dovremmo re-imparare anche noi a vivere il mondo attraverso i loro occhi. E a raccontare storie attraverso le loro voci.

            Come vedi il panorama artistico italiano? Quali i punti di forza, quali di debolezza?

            Elena | Lo vedo un po’ stagnante, non c’è ancora quella spinta decisiva, non si investe a dovere, l’arte è ancora argomento di serie B. Credo che le cose più interessanti siano al di fuori dei circuiti ufficiali, penso alla street art ad esempio. Il mondo dell’arte è sempre più eterogeneo, così come i mezzi espressivi. Per quanto riguarda l’arte italiana, forse sta perdendo un po’ quella capacità di saper parlare del proprio tempo, di essere specchio della società.

            Francesca | Sottovalutato, purtroppo!

            Grazie Francesca, grazie Elena!

            Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista
            Links:

            Lucca Museum

            Lab4Kids Lucca

            Francesca Pucci bio


            Edited by Nicol P. Claroni

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              Factory Asks

              FACTORY ASKS 0020 : DAVIDE URGO

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              Nome Artista 0020 : Davide Urgo

              BIO

              Davide Urgo è nato a Napoli nel 1990. Ha frequentato il Liceo Artistico e poi l’Accademia di Belle Arti di Napoli dove si è laureato in Pittura. L’incontro con disegnatori e scrittori della sua città ha inclinato i suoi interessi verso il fumetto e lo ha portato a partecipare alla creazione di una rivista indipendente, “Hey,Pachuco!” e ad attività culturali di diverso genere, come mostre e performances. Attualmente vive e lavora a Bologna, dove frequenta il corso di Linguaggi del Fumetto all’Accademia di Belle Arti.

              01. Come hai intrapreso il tuo percorso artistico?

              Disegno da sempre, fin da quando ero bambino. Ho studiato arte e il disegno per anni a scuola e soprattutto con amici artisti che ho incontrato lungo la via. Dagli incontri e dagli esperimenti conseguenti è lentamente emerso ciò che personalmente mi piace dell’arte visiva e quello che potrei definire il mio “stile”, formato amalgamando spunti  diversi , presi da diversi ambiti come la psicologia, l’esoterismo e la musica.

              02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

              Le mie ispirazioni sono l’arte antica, la pittura rinascimentale, Moebius (Jean Giraud) e i fumettisti degli anni 70, l’arte psichedelica e i sogni.

              mandala lunare

              03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

              Vivere con l’arte e le mie creazioni.

              04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

              Il messaggio più importante dei miei lavori è che esistono realtà nascoste ai nostri occhi, ma ugualmente presenti e influenti nella nostra vita. E che il linguaggio e la coscienza permeano ogni cosa nella realtà, rendendola significativa. L’universo è più vasto di quanto appare e non finiremo mai di scoprire i suoi contenuti.

              05. Che cosa vuol dire underground per te?

              Underground è una rete di persone che lavora in questo momento per creare qualcosa di così nuovo che non riesci a definirlo, l’avanguardia della percezione.

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              06. Che progetto hai portato al festival e cosa ha significato per te?

              Ho portato con me le ultime produzioni e anche lavori più datati, a cui sono affezionato. Sono i disegni che porto con me in strada con lo scopo di esporli e diffonderli. Per me il festival P.U.M è stata un occasione per conoscere persone interessanti ed ampliare le mie vedute, scambiando opinioni e visioni.

              07. Quanto sono importanti secondo te occasioni come il festival per promuovere i giovani creativi locali e cos’altro vorresti che venisse fatto in questo senso?

              Secondo me sono fondamentali eventi come questo per espadere i propri orizzonti e mostrare il proprio lavoro in un ambiente amichevole ed aperto. Credo che ci vorrebbe maggiore disponibilità delle istituzioni, connessioni tra i diversi eventi che crescono in tutto il mondo e più interesse da parte delle persone che non praticano arte.

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              | The Factory | Davide Urgo |

              “Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista.”

              Factory Asks

              FACTORY ASKS 0019 : DEVICE

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              BIO:

              Mi chiamo Lorenzo anno 1993, sono nato a Bologna. Ho sempre apprezzato l’arte, non ho seguito scuole di musica. Mi sono formato autonomamente nell’ambito musicale, da lì mi sono spinto in vari ambiti artistici.
              Al momento lavoro a progetti come Broken Mirror (presentato al festival P.U.M. del Dicembre 2015) in cui mi occupo di installazioni per VideoMapping e collaboro con Marco Rossitto ad un progetto di VideoMaking. Invito a partecipare chiunque sia interessato alle nostre attività. Siamo un bell’agglomerato di gioventù per lo più Pisana.

              01. Come hai intrapreso il tuo percorso artistico?

              Percorso? Quale percorso? Penso di non aver mai scelto un percorso, o meglio, non mi sono mai accorto di aver fatto una scelta per essere dove sono o per essere quello che sono. Posso dire che i miei genitori mi hanno sempre supportato/sopportato nell’incremento della mia cultura artistica e non. Ho mosso i miei primi passi nell’ambito musicale, ma sono sempre stato attratto da qualsiasi tipo di forma artistica.

              02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

              Beh, diciamo che mi faccio aiutare dalle mie emozioni. Mi accorgo che al giorno d’oggi l’ambito artistico, come quasi tutti gli ambiti, si sta evolvendo nella nostra cultura del multitasking. Molto spesso, sopratutto negli ultimi anni, stiamo optando quasi sempre per “rappresentazioni” che sfocino in molteplici campi, per dare sfogo a molteplici voci e a molteplici collaborazioni, questo perchè siamo ispirati da molteplici flussi.

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              03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

              Penso di essere realista da questo punto di vista, non aspiro alla massima onorificenza o anche al semplice “portare la pagnotta a casa”. Io spero che la mia arte, ma non solo la mia, un giorno possa essere libera. Sarebbe bello avere spazi dove persone comuni possano esporsi, scambiarsi idee, informazioni, contatti o anche solo complimenti e critiche. Sono convinto che un’opera d’arte al di fuori del valore economico che può esserle assegnato, debba avere un’importante valore socio-culturale.

              04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

              Credo sia impossibile non innamorarsi della propria opera, completa o incompleta che sia.  È come una relazione che nasce e che inevitabilmente è destinata a finire prima o poi. Può sembrare triste vederla così, ma nel momento in cui espongo qualcosa, essa diventa materia di analisi da parte di chi la osserva; molte volte anche se concretizzata, può capitare che l’osservatore stesso non riesca a percepire le emozioni che si celano dietro quel Lavoro perché non sono partecipi della mia evoluzione/crescita nel realizzarla.  Alla fine l’osservatore sovrapporrà il proprio punto di vista su quello dell’autore, ogni “fottutissima” volta.
              Per concludere e rispondere alla domanda, esplico: non c’è bisogno di lasciare un vero e proprio messaggio ogni volta, basta saper essere, saper rappresentare e saper metabolizzare ogni esperienza… L’arte è solo un rubinetto aperto dal quale bisogna decidere se idratarsi o no.

               

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              05. Che cosa vuol dire underground per te?

              Ormai faccio poca distinzione tra cosa è Underground e cosa è alla “Moda”… sono due facce della stessa medaglia. Solo che nella “Moda” girano un sacco di soldi, e una volta che ti sei fatto un nome l’opera più banale può essere valorizzata al “Must” della cultura. Penso che i movimenti Underground servano a persone come me e i miei colleghi, che nel mondo della “Moda” sanno bene che vestirebbero abiti stretti, sempre che si riesca a varcare quella soglia sottilissima tra Moda e Underground.

              06. Che progetto hai portato al festival e cosa ha significato per te?

              Mi sono immerso in questo fantastico ambiente culturale fondato dal P.U.M.  A dire il vero mi avevano chiamato per supportare il lavoro del VJ, compito che non avevo mai preso realmente in considerazione, fino a quando non sono stato istruito e supportato da Giacomo Dell’Apina, che per giunta ho avuto la fortuna di ospitare a casa tre giorni, durante i quali abbiamo legato un sacco. Abbiamo dedicato un sacco di tempo per montare uno “schermo” dove proiettare le opere Visual. Alla fine del festival questa esperienza mi ha invogliato ad organizzarmi con un altro ragazzo per la progettazione di nuovi pannelli, il progetto si chiama Broken Mirror e speriamo che per il prossimo festival vi si possa lasciare senza fiato.

              deviceHand Job – Lorenzo Puccini – PUM ART FEST // Foto di Nicol P.

              Oltre a questo mi sono dilettato nell’ambito della scultura insieme ad una amica, per progettare un logo per il P.U.M.,  l’opera si chiama HandsJob (coraggioso gioco di parole che richiama il lavoro “manuale”).

              L’idea era semplice: tre mani in gesso che dovevano comunicare le lettere P, U e M… Nulla di complicato, vero? Ad essere sincero, sì! Grazie ai consigli di un professore dell’Istituto Artistico di Pisa, sono riuscito a creare delle mani lontane dall’anamorfismo (compito che mi ero preposto per l’opera), senza dover ricorrere a calchi su calchi, e sopratutto spendendo il giusto.
              Devo essere sincero, questa scultura in fase di assemblaggio ha avuto un sacco di problemi, che grazie alla pazienza e alla manualità di mia madre siamo riusciti a risolvere, giusto in tempo per la mostra… Il risultato? Penso sia piaciuta… Anche se la maggior parte dei visitatori non ha riconosciuto le lettere, ma è riuscita a spiegare semplici gesti riconducendoli addirittura ad ambienti socioculturali questo a dimostrazione che l’osservatore sovrappone il proprio punto di vista su quello dell’autore e alla fine il bello dell’arte e dei festival che la ospitano, è anche questo.

              07. Quanto sono importanti secondo te occasioni come il festival per promuovere i giovani creativi locali e cos’altro vorresti che venisse fatto in questo senso

              In realtà non abbiamo bisogno di molto, basterebbe un luogo dove poter lavorare, dove poter investire tempo, più che soldi. Mi interesserebbe vedere un posto dove gli artisti di tutta Pisa, possibilmente anche di tutta Italia/Europa/Mondo/Universo, possano sentirsi liberi di esprimersi senza mediazioni.

              Vorrei che l’arte fosse contagiosa, vorrei che ogni giorno la gente sentisse il bisogno di esprimere qualcosa, vorrei che ci provassero tutti, anche senza riportare a casa dei risultati… La vita è effimera, l’arte è immortale.

               

              | The Factory | Device |

              “Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista.”

              Factory Asks

              FACTORY ASKS 0018 : BRIAN DI CALMA

                   BrianDiCalma

              Nome Artista 0018 : Brian Di Calma

              BIO

              Sono quello che nella mia lingua del tutto inventata descriverei come un personaggiurdo. Sono Italo-Americano, nato negli Stati Uniti a Pittsburgh, e sono dieci anni che vivo in Europa, la maggior parte in Italia. La mia vita è un’ esperienza vissuta dentro un film di serie B. Ho vissuto per sei anni in eco-villaggi in Andalusia e sugli Appennini: so allevare animali, coltivare ortaggi, curare con medicine naturali, fare birra, vini, liquori, formaggi, carni, e sono un mito in cucina. Faccio coltelli artigianali realizzati con materiali riciclati e corna caduche di cervo, e sono artista di strada. Sono cantante e disegnatore. Ho una mentalità fortemente contro il sistema e cerco di vivere fuori dalle regole. Essendo una persona che tecnicamente non esiste, per me dunque non esistono regole, a parte una, semplice e che comprende tutto – il rispetto.

              01. Come hai intrapreso il tuo percorso artistico?

              La musica è sempre stata una presenza fortissima nella mia vita e non credo di poter vivere senza. Ho cominciato a suonare per strada in Andalusia nel 2011, e ho girato cinque paesi europei suonando con diversi artisti. Con la creazione dei coltelli ho cominciato nel 2012 vicino a Pistoia, più o meno per caso e il disegno nell’ottobre 2015 essendomi trovato in una casa di artisti a Bologna.

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              02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

              Musicalmente, ci sono troppi artisti che mi hanno modellato per scriverli tutti. Ho un dono meraviglioso nella mia voce, e non ho mai studiato. Quando canto, mi sento uno strumento collegato all’ energia ambientale circostante e in qualche maniera riesco a canalizzare quest’energia e a trasformarla in musica. Anche se io sono fisicamente presente, il mio conscio è scollegato dal mondo fisico che mi circonda per quel breve periodo, in rete con un altro mondo, rete costruita di onde energetiche invisibili. Riguardo al disegno, dovrei ringraziare i miei amici artisti (e famiglia) qui a Bologna, specialmente: Mario Ventriglia, Davide Urgo, Albero Cosenza e Daniele Ventola in quanto senza il loro supporto e osmosi non mi troverei a scrivere questo, ora.

              03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

              Direi di riuscire a vivere tranquillamente fuori dal sistema con i diversi tipi di arte che creo.

              coltelli

              04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

              Sì, questo per me è fondamentale. Essendo uno che vende la propria arte, mi rifiuto di ‘vendermi’ creando qualcosa che a me non piace, che non manda un messaggio mio personale, in maniera da guadagnare di più o commercializzando la mia arte. A volte i messaggi sono ben chiari, a volte molto più sottili, e a volte è puro divertimento. In ogni caso, il messaggio dipende da come viene interpretata l’opera nell’occhio e la mente degli altri, e forse ogni persona interpreta il messaggio in maniera diversa. Uso poche parole scritte perché vorrei che il disegno o la pittura parlassero per sè e si lasciasse all’ osservatore la possibilità di vedere e ricevere il messaggio in maniera personale senza essere già indirizzato altrimenti.

              05. Che cosa vuol dire underground per te?

              Per me è la rete…la rete tra noi artisti, noi alternativi, contro un sistema corrotto e orwelliano. Ci vivo dentro, ed è molto forte.

              06. Che progetto hai portato al festival e cosa ha significato per te?

              Ho portato vari disegni, tra cui i miei primi di “Mondo Cane!” (i miei animali antropomorfizzati), e la serie “Bottiglie in banana” (una specia di delirio alcoolico surrealistico). Ho portato pure qualche coltello. In realtà, avevo cominciato col disegnare solamente due mesi prima, e il PUM Factory Fest è stata la mia prima mostra. L’esperienza per me è stata molto, ma molto positiva e la cosa più importante sono stati i contatti fatti con gli altri artisti e “undergroundiani” per espandere e far crescere questa “rete”.

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              07. Quanto sono importanti secondo te occasioni come il festival per promuovere i giovani creativi locali e cos’altro vorresti che venisse fatto in questo senso?

              Secondo me sono molto importanti, specialmente per i contatti e possibilità che possono crearsi. Di solito io lavoro per strada, e incoraggio i giovani artisti a mostrarsi anche loro assieme a noi per le opportunità che la strada ti presenta: dopotutto, ho beccato l’invito al PUM Fest lavorando per  strada durante Lucca Comics, grazie a Nicol P. La strada ti dà un guadagno (anche se minimo) subito, ti dà visibilità, ti aiuta a sviluppare autostima e confidenza e ti presenta possibilità di fare mostre, partecipare a riviste, etc. Incontri un sacco di persone. Hai un contatto dal vivo insieme alla tua arte con tanta gente diversa ogni giorno, e ogni tanto incontri qualcuni che ti può portare opportunità interessanti.

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              | The Factory | Brian Di Calma |

              “Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista.”

              Factory Asks

              FACTORY ASKS 0017 : M45

              Nome Artista 0017 : M45

              BIO

              Sono un figlio degli anni ’90 convinto che per saltare esista solamente il tasto A , ho spalmato i miei primi neuroni sopra “sprite” di videogiochi che la gioventù di adesso considererebbe talmente difficili e frustranti da sembrare test per l’università degli X-man o degli enigmi di “Cicada 3301” (questo riferimento lo capiranno in tre sì e no). Nel frattempo disegnavo dove potevo, sopratutto dove non potevo, finché i due mondi si sono toccati vedendo i lavori della GRL (Graffiti Research Lab) e scoprendo che non ero l’unico a essere cresciuto a inchiostro e pixel.

              1. Come hai intrapreso il tuo percorso artistico?

              La risposta più breve sarebbe a casaccio, o meglio “trovandomici”… la mia filosofia di base è “iterate faster and release early and often” e “c’è sempre un modo”. Questa tendenza all’essere “MacGyver digitali” (senza la permanente e il capello biondo) viene sostanzialmente dal non avere budget e dall’avere un innegabile spirito “hack-to-learn”. Ho avuto la fortuna di lavorare con gente veramente meravigliosa a bellissimi progetti e anche di essere sfruttato in malo modo per cose di cui non ho preso merito. Quindi riassumendo, come ho intrapreso il mio percorso artistico? Come la Parigi-Dakar in mono-ciclo.

                                                                foto di Studio 47

              2. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

              Mi ispiro alla gente, banale ma vero…mi pongo sempre dal lato dell’utente e cerco di fare qualcosa che alla fine non sia un aulico “l’artista voleva rappresentare la palingenetica obliterazione dell’io siderale che si avviluppa tra le pieghe dello spazio tempo”, ma che prima di tutto diverta, poi che possa essere vista come un gioco, un mezzo o un’ esperienza. Penso che gli spazi espositivi siano già spazi ostici per il pubblico “comune”, se poi metti quattro ore di inquadratura su una mela e lo chiami “decadimento della materia” ci sta che la gente non venga…

              3. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

              Aggiungere almeno altre dieci virgolette intorno alla parola artista. Non morire di gastrite. Avere abbastanza soldi per poter comprare pizza e caffè (ma questo è più un obbiettivo nella vita). La pace nel mondo?

              4. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

              Non credo, forse più il sapore DIY (do it yourself) e quella poca cura dei dettagli …del messaggio mi occupo poco, il mezzo è il messaggio, è triste ma è così, fateci pace.

              foto di Studio 47

               

              5. Che cosa vuol dire underground per te?

              Domanda spinosa: purtroppo esiste il mercato dell’underground che in alcuni casi è peggio di quello mainstream, un marasma di gente con scarse competenze che sta in una situazione perché “fa figo” ma poi manca la sbatta, manca il sudore. Ma il termine “underground “ è perfetto perché sotto terra trovi fango, melma e vermi…ma ogni tanto trovi anche gente brillante come i diamanti, preziosa come l’oro e forte come il ferro e che ti ripaga di tutto il fango che hai spalato.

               

               

              6. Che progetto hai portato al festival e cosa ha significato per te?

              Ho portato un mio “giocattolo” che per mancanza di termini migliori si chiama “loop music”: tecnicamente una variante di reactable usando la libreria reactivision e i segnali osc/tuio per controllare ableton e triggerare loop quantizzati e divisi in tipi di suoni. Se non vi siete ancora addormentati la versione breve è “metti cubetto sul tavolo e parte un loop di batteria, ne metti un altro parte il basso e via dicendo”. Per me significa democratizzazione del gesto di composizione musicale, far provare a tutti la gioia di “suonare” senza necessariamente saperlo fare. In più ho partecipato assieme a Micol e Lorè all’ allestimento delle tre serate per quanto riguarda visual, montaggio, smontaggio, rollaggio cicchini, caffè, conversioni video, bestemmie, cioccolate calde alle 5, etc etc.

              PUM ART FEST / Foto di Nicol P.

              7. Quanto sono importanti secondo te occasioni come il festival per promuovere i giovani creativi locali e cos’altro vorresti che venisse fatto in questo senso?

              Ovviamente è una cosa importante e sinceramente bisognerebbe dare più spazio a chi organizza queste cose, ma quando dico spazio intendo spazio fisico -non “attenzione giornalistica”- e spazio di azione convertito in vil denaro. Inoltre sarebbe bello avere uno spazio dove allestire esperimenti, workshop, residenze artistiche e quant’altro.

               

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              “Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista.”

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