Martino Prendini Factory Asks

Martino Prendini

Video-sincrasie in full HD

Un video-artista molto promettente: Martino Prendini. Lui non sa di preciso cosa fa. Nel suo sito c’è scritto “illustratore ed animatore 2d” ma è sempre un bel po’ difficile spiegare ciò che sta facendo e che vorrà fare. Video, illustrazioni, animazioni, live visual, ma d’altra parte le etichette contano poco, servono più per scrivere tag o compilare curricula che per altro. Di certo c’è che è nato a Rovigo nel 1985, che quindi ha passato i 31 anni, e che gli piacciono i contrasti e le contraddizioni, come la giustapposizione fra la concretezza delle arti tradizionali e le sperimentazioni dell’epoca digitale.

Ciao Martino, benvenuto su Factory Asks!

01. Come hai intrapreso questo percorso artistico?

A dire il vero, il mio percorso da video-artista è sempre stato abbastanza strano ed un pò difficile da seguire ed identificare, almeno ad un occhio esterno. In ambito visivo ho cominciato con grafica e web design, mano a mano provando cose diverse, dall’illustrazione alle riprese live. Ultimamente mi affascina molto la glitch art, tutto ciò che compete una performance live visual e, naturalmente, l’animazione. Tendo a muovermi molto, in ambito creativo, da un lato per una questione di curiosità dall’altro perchè vivo molto a periodi… Posso smettere di disegnare a lungo, ad esempio, perché in un periodo mi coinvolge maggiormente lavorare con una camera. » probabile quindi che in futuro questo percorso potrà cambiare ancora, d’altra parte mi piace lasciarmi sorprendere.

An Exit from Martino Prendini on Vimeo.

02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

Le influenze sono molte e molto differenti fra loro. Anzitutto la musica ha sempre avuto un ruolo chiave. Molto del mio lavoro si lega ad essa, ed anche quando non lo fa direttamente questa mi influenza nel processo creativo. Sono un divoratore di musica e piuttosto onnivoro, e difficilmente lavoro senza. Se devo pensare ad un’influenza specifica, le chine zen ad esempio sono state la ragione per cui ho cominciato a disegnare tanti anni fa. Nello specifico la copertina di un’edizione del Tao Te Ching, che da ragazzino mi catturava incredibilmente e dalla quale ho provato ad imitarne lo stile. Ma da qui si procede in modo parecchio caotico… Molto cinema, fotografia, scenografia teatrale, certa scena indie nei video-game, per cominciare. Mi impongo quotidianamente almeno un’ora di ricerca in campo creativo, visto fra l’altro che gestisco un sito di ispirazioni. Un altro ruolo chiave lo hanno le persone e gli incontri, spesso sono la maggiore fonte di ispirazione anche se apparentemente in forma indiretta.

03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

Anzitutto tendo sempre a schivare i termini “video-artista” e “arte”. Non sono etichette che mi competono, che ci si possa auto-affibbiare con nonchalance. Ho sempre preferito l’ambiguità fumosa del termine “creativo”. Chiarirò questo, ciò che voglio è semplicemente essere diverso domani rispetto ad oggi. In un’altra posizione ed un altro punto di vista. Costi quel che costi, e coi miei limiti. Non voglio ridurmi ad essere solo me stesso per tutta la vita. Questa credo sia la mia massima aspirazione, sia umana che relativa a tutto ciò che faccio.

04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

Più che messaggio si tratta di suggestioni. Amo il termine suggestione, perchè si relaziona all’inconscio e all’impatto che da video-artista ricerco sempre. Amo la tensione, provare a renderla, viverla, credo sia un fil rouge di ogni cosa che faccio. Non cerco risoluzioni ed equilibri nei miei lavori, ma il tendersi, il volgersi verso, spesso in posizioni scomode, uno sforzo quasi fisico coi tendini in mostra, che coinvolga il corpo anche se indirettamente. Non a caso prima ho parlato di musica, non a caso mi affascina il movimento attraverso varie accezioni. Un’altra suggestione per me importante è l’impatto col mistero femminile. Per me il mistero più bello e inconoscibile e struggente dell’universo. Si tratta di un mondo intero, un ecosistema, un paesaggio completo in per sé stesso, fragile ed indistruttibile. Infondo tutto ciò che faccio è una lettera d’amore e al contempo un modo per scoprire o immaginare ciÚ che si cela dietro al mistero. Stranamente, persino nei lavori che sembrano meno legarsi alla femminilità essa c’è, magari in un tratto o nel modo in cui compare un’idea.

05. Che cosa vuol dire underground per te?

Se penso ad underground, per un video-artista penso ad un muoversi dal basso. Che per me è il movimento più autentico e potente. Come dire, qualcosa che sale dalla pancia per coinvolgere tutto il corpo, tutto quanto l’attorno. Chi parte dal basso lo fa per necessità, lo fa per un sentire irrefrenabile, lo fa perchè proprio non può fare altro. Ed in questi casi è necessario condividere, trovare urgenze simili alla tua, ed è allora che diventa un movimento. E conosco bene cosa voglia dire questa urgenza fuori dai circuiti, venendo da una realtà piccola e dimenticata come Rovigo. C’è bisogno di questo, l’underground è il luogo mentale e di condivisione di questo movimento che parte dalla pancia.

This is what detox feels like – short film for BBC’s Drugsland series from Martino Prendini on Vimeo.

Grazie Martino, a presto!

Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista
Alcuni preziosi links:

Video di Martino Prendini


Rozza - cultura

Edited by Domenica Carella. Domenica in arte Rozz Ella è una DJ impegnata e appassionata di musica elettronica. Il suo percorso artisitico nasce nella sua città di nascita (Taranto) e si sviluppa a Pisa, nei centri sociali e non solo, legali e non. Da ultimo la vediamo sulle frequenze della bass music con Neanderthal della crew di Space Vandals e come resident per il format ClubCultura al Caracol Pisa. In passato ha collaborato con la redazione di AutAut.

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    Stories

    FRACTAL ART ØØØØ

    The story of this young Italian artist based in London proves that supporting young talents it’s always worth it.

    Matteo Zamagni is a 23 years old from Rimini and he was chosen from the Barbican Centre to be part of the Fish Island Labs project. This art laboratory located in Hackney Wick (London) was born from the joint forces of the renowned cultural centre – The Barbican – and the social enterprise The Trampery. The project’s core concept aimed at putting together fifty young artists in a iconic studio space with the objective of exploring the many artistic possibilities created by the mix of arts and new technological tools, ranging from sculpture to digital art. After 12 months of hard work, the Fish Island Labs’ artists have summed the ethos of their artistic and technological experimentation in an exhibition held in August at the Barbican Centre, Interfaces.

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    Undoubtedly, Matteo’s installation Nature Abstraction was the highlight of the exhibition, attracting the attention of enthusiasts and experts. In the wide landscape of media art, he has chosen a very niche avant-garde, virtual reality. By exploring the mathematics of fractals and complex 3D graphic techniques Matteo successfully managed to turn the mathematical representation of organic forms into visual art. I had already seen some of Matteo’s previous projects, but my curiosity grew even more when I arrive at the exhibition and I saw the long and patient line of people waiting to try the Oculus Rift. I was completely blown away by his installation and I realised the real extent of fractal art and the artistic experience it can recreate.

    I met Matteo to find out more about how he started his artistic career, which technologies he uses and what are his future plans.

    Tell us about your experience in the Fish Island Lab.
    Sharing such a space with artists with similar interests to mine has been absolutely incredible. Even though, each individual artist is a blend of interdisciplinary skills ranging from shadow puppetry, sculpture, data visualisation, fashion and fine art, there was always something to learn from each other. Moreover the Lab hosted many workshops, collaborations and events, making it a great opportunity for us all.

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    What about your installation Nature Abstraction for the Barbican Centre exhibition?
    Interfaces was undoubtedly one of the most constructive and exciting experiences of my life so far.  After a long time and hard work it was amazing to see my installation Nature Abstraction complete. When something starts from an abstract idea, making it real it’s an indescribable feeling. And it was even more exciting to see the reaction of the public walking into the cube and trying the Oculus Rift. In fact, the installation is designed in order to recreate a contemplative environment by using a cube whose faces are projected with images of organic forms filmed through a microscope; these are merged with analog visual effects (such as refraction and reflection, or other physical properties of light) and then filmed again. In this way, the viewer is invited to enter the cube, wear the Oculus Rift and explore a surreal 3D world created mathematically.
    In my opinion, art exceeds its limits more than ever in this new digital era. New technologies facilitate the multisensory interaction of the observer, allowing the artist to fully express himself.

    Why did you choose virtual reality and the mathematics of fractals ?
    With my installation Nature to Abstraction I wanted to create an environment in which the viewer could ” switch off” for 10 minutes and enter a surreal world made up of 3D fractals. Essentially these are a 3D representation of mathematical formulas that visually lead back to biological and architectural forms. The idea of using the Oculus Rift along with other electronic equipment has been very useful to amplify the experience for the observer. In fact by stimulating sight and hearing it is possible to almost induce the audience  in a state of trance.

    What technologies do you use?
    The tools always vary from project to project. Many softwares are available online for what concerns video editing, special effects, 3D, realtime graphics, photo-scanning etc. In addition, there are auditory sensors that detect audio frequencies or other types like the Kinect or the Leap Motion that trace back the body movements through infrared sensors. Some of these tools are relatively cheap and they offer endless possibilities. With regards to my work, the abstract idea always comes first. Then I look for the tools to develop and implement my idea in the physical world. I am currently exploring many 3D realtime and offline softwares such as Cinema4D and Houdini (also used for Visual FX in Hollywood productions), specific softwares for 3D fractals, photogrammetry and other softwares for vj-ing and projection mapping.

    How would you define the artistic scene in which your work fits into?
    From my point of view: it’s FANTASTIC.
    It’s a digital movement, born from the internet and from the disclosure of artistic practices online. There is a huge online network of media artists gathered discussing and sharing topics of interest.

    What are you working on at the moment and what are your future plans?
    I have lots of projects going on at the moment. I’m developing a second installation which aims recreating an OBE (Out of Body Experience) literally projecting the audience elsewhere. I’m still in the initial stage and it will take at least a year to develop properly. Moreover I’m trying to put together an online collective of digital artists which will consist of a platform where they’ll be able to share ideas, collaborate and express concepts in relation to astral worlds and the relationship between science and spirituality, a dear topic to many artists around the world.

     

    |  Celine  |  The Factory  |

    Matteo Zamagni Archivio

    Matteo Zamagni

    Music, Art, Dance in underground urban environments – m.a.d.

    Arte Frattale ØØØØ

    La storia di Matteo Zamagni, media artist italiano residente a Londra, è la riprova che quando si investe in giovani talenti non si fa mai cosa sbagliata

    Matteo ha 23 anni, è nato Rimini ed è uno tra i 50 artisti scelti dal Barbican Centre per far parte del Fish Island Labs. Questo laboratorio artistico situato ad Hackney Wick, Londra, è nato dal connubio di forze tra il rinomato centro di produzione culturale e l’impresa sociale The Trampery. Il progetto offre uno spazio di lavoro e incontro ad artisti emergenti che hanno l’obiettivo di esplorare le infinite possibilità artistiche create dall’unione di arte e tecnologia, spaziando dalla scultura, al film editing, alla digital art.

    All’interno del Fish Island Lab, Matteo ha scelto forse l’avanguardia artistica tra le più di nicchia all’interno del panorama delle arti multimediali: la realtà virtuale. Esplorando la matematica dei frattali e le più complesse tecniche di grafica 3D, Matteo è riuscito a trasformare in arte visuale la rappresentazione matematica di forme biologiche e naturali. Dopo 12 mesi di duro lavoro, gli artisti del Fish Island Lab hanno riassunto l’ethos della loro sperimentazione artistica e tecnologica nella mostra Interfaces, tenutasi nel prestigioso Barbican Centre. 

    Fin da subito l’installazione Nature Abstraction, si è rivelata il fiore all’occhiello dell’esibizione, attirando l’attenzione di curiosi ed esperti.

    Vedere la lunga e paziente fila di persone in attesa di abbandonarsi per qualche minuto alle meraviglie della realtà virtuale, ha suscitato in me ancora più interesse e curiosità nel lavoro di Matteo. Ma solo dopo aver indossato l’Oculus Rift ed essermi lasciata trasportare (perdendo l’equilibrio svariate volte) in un mondo altro, astratto, composto da forme aliene ma allo stesso tempo familiari, ho capito la vera portata dell’arte frattale e dell’esperienza artistica a 360° che essa può ricreare.

    Ho incontrato Matteo per farmi raccontare com’è iniziato il suo percorso artistico, quali tecnologie utilizza e quali sono i suoi progetti futuri. Parlaci della tua esperienza all’interno del Fish Island Lab.

    Condividere uno spazio con artisti dai simili interessi è stato incredibile. Abbiamo creato uno spazio di discussione molto interessante; per non parlare dei workshop, gli eventi e la visibilità che questa opportunità ha portato ad ognuno di noi.

    Che ci dici della tua installazione Nature Abstraction per la mostra al Barbican Centre?

    Interfaces è stata senza dubbio una delle esperienze più costruttive ed eccitanti che abbia mai vissuto fino ad ora. Ha reso possibile la creazione di una miriade di progetti sviluppati da un gruppo di artisti emergenti il cui scopo è esplorare la relazione tra arte, tecnologia e interazione con il pubblico, che non è più un osservatore “passivo” ma diventa parte integrante del processo artistico.

    su Nature Abstraction

    Dopo un lungo periodo di produzione è stato incredibile vedere la mia installazione Nature Abstraction completa. Essendo un processo che parte da un’idea estremamente astratta, renderla concreta è una sensazione indescrivibile. E ancora più eccitante è stato osservare le reazioni del pubblico che entrava nel cubo luminoso e provava l’Oculus Rift. 

    Di fatti l’installazione è progettata in modo da ricreare un ambiente astratto utilizzando una struttura a cubo sulle cui facce sono proiettati video di composti organici e biologici filmati al microscopio; a questi vengono uniti effetti visivi analogici (come rifrazione e riflessione, o altre proprietà fisiche della luce) che tramite l’utilizzo di un proiettore come sorgente vengono poi filmati nuovamente dalla videocamera. In questo modo l’osservatore è invitato ad entrare all’interno del cubo e ad indossare l’Oculus Rift per lasciarsi trasportare in mondi 3D surreali creati matematicamente.

    Secondo me l’arte in questa nuova era digitale ha più che mai superato i suoi limiti. L’utilizzo di nuove tecnologie che facilitano l’interazione multi-sensoriale dell’osservatore permette all’artista di esprimersi pienamente a diversi livelli di significato. Ed e’ per questa ragione, maggiormente, che credo di essere entrato in questo campo.

    Perché hai scelto la realtà virtuale e la matematica dei frattali?

    Per Nature Abstraction volevo creare un ambiente in cui l’osservatore potesse “staccare la spina” per 10 minuti ed entrare in un mondo surreale composto da frattali 3D. Essenzialmente formule matematiche che riconducono visivamente a forme biologiche e architettoniche, in modo tale da aprire un varco sull’idea di una struttura invisibile che compone la realtà che viviamo ogni giorno. L’idea di usare Oculus Rift insieme ad altri apparecchi elettronici è servito ad amplificare l’esperienza per l’osservatore e renderlo parte integrante  dell’artwork in sé, stimolando sensi come vista e udito fino ad illudere la mente di trovarsi altrove. 

    Quali sono le tecnologie che usi principalmente?

    Gli strumenti variano sempre da progetto a progetto. Molti software sono disponibili online per quanto riguarda video editing, special effects, 3D, realtime graphics, photo-scanning ecc. Inoltre ci sono sensori di tipo uditivo che individuano determinate frequenze audio presenti nell’ambiente, oppure il Kinect o il Leap Motion che tracciano il movimento del corpo tramite sensori a raggi infrarossi. Alcuni di questi strumenti sono relativamente economici e già con essi si hanno infinite possibilità. Ma nel mio caso l’idea astratta è quella che nasce prima di tutto, dopodiché cerco gli strumenti adatti per svilupparla e realizzarla nel mondo fisico. 

    Attualmente sto esplorando molti softwares 3D realtime e offline come Cinema4D e Houdini (utilizzato per il Visual FX anche in produzioni holliwoodiane), softwares specifici per frattali 3D, ed altri per vj-ing e projection mapping. Durante il mio percorso ho sempre notato una continua evoluzione nel modo in cui creo nuovi progetti. Credo sia dovuto al fatto che mi piace scoprire e imparare ad utilizzare nuovi strumenti per poi combinarli insieme in lavori futuri.

    Come definisci la scena artistica in cui si inserisce il tuo lavoro?

    Dal mio punto di vista : FANTASTICA.
    Essendo un movimento digitale, nasce in primis da internet e dalla divulgazione di tante pratiche artistiche online. C’è un intero network di digital artists da tutto il mondo online radunati in vari gruppi, forum e piattaforme che discutono e condividono argomenti d’interesse. E’ così che ho iniziato e ho avuto la fortuna di incontrare di persona alcuni degli artisti da cui ho tratto più ispirazione.

    Su cosa stai lavorando al momento e quali sono i tuoi progetti futuri?

    Ho un po’ di progetti su cui sto lavorando al momento, sia di breve che lungo termine. Sto sviluppando una seconda installazione in cui lo scopo sarà quello di ricreare una esperienza extracorporea, stimolando più sensi possibile in modo da indurre la mente a pensare di essere altrove. Sono ancora nella fase iniziale di sviluppo e penso che ci vorrà almeno un anno per la realizzazione. 

    Inoltre sto cercando di mettere insieme un collettivo online di digital artists. Sarà una piattaforma dove poter condividere idee, collaborare, ed esprimere concetti in relazione a mondi astrali e alla relazione tra scienza e spiritualità, un tema particolarmente caro a molti artisti sparsi nel mondo. Credo che questo movimento nasca da una necessità di condividere idee ed esprimersi attraverso l’arte infusa nella tecnologia.


    Links:

    Vimeo channel

    Wired interview

    Anisegallery

    Times Square Arts


    Edited by Celine Angbeletchy

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      Factory Asks

      FACTORY ASKS 0008: RICCARDO BONUCCELLI

      askthepixel_faithNome artista 0008: Riccardo Bonuccelli

      BIO

      Fotografo e retoucher professionista Adobe Certified Expert. Riccardo è nato il primo gennaio del 1977, ha vissuto a Torino, Lucca, Bruxelles e nuovamente Lucca. Si laurea in informatica e coltiva un lunga esperienza di consulenza in grandi aziende internazionali. Da sempre amante dell’arte, nel 2009 decide che la fotografia sarebbe stata la sua professione e nel 2011 dà vita alla sua attività, askthepixel.net. Da allora fornisce servizi fotografici e di formazione, specializzandosi in ritratto, fotografia urbana e di architettura e in compositing artistico. Come insegnante ha lavorato con aziende locali e internazionali, agenzie di formazione, associazioni culturali e di settore e ultimamente con il liceo artistico di Lucca.

      01. Come hai intrapreso il tuo percorso artistico?

      Con una solida base tecnica alle spalle e da sempre incuriosito e affascinato dal forte potenziale comunicativo subliminale delle immagini, ho cominciato a studiare il valore simbolico dei colori e delle forme contenuti nella collezione dei Tarocchi di Marsiglia. Le figure riprodotte su queste carte rappresentano la sintesi della simbologia occidentale, che dal tardo medioevo valgono ancora oggi e che funzionano alla perfezione applicate a qualsiasi medium visivo. Utilizzarle è estremamente divertente e da là il percorso ha preso vita sua e non si è mai arrestato.

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      02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

      Ho qualche fotografo a cui faccio riferimento quando cerco ispirazione estetica ma il loro stile può anche non trasparire nei miei scatti, perché dall’ispirazione alla produzione il processo ha già alterato i tratti distintivi di questi autori. Potrei citare Sarah Moon per i ritratti e Gabriele Basilico per la fotografia urbana, ma la lista sarebbe lunghissima. L’ispirazione tematica invece la trovo nella lettura: nel tempo, passando di libro in libro – sempre seguendo il tema su cui vorrei lavorare – si formano collegamenti che mi portano alle soluzioni visive che finiranno nelle mie foto.

      03. In quanto artista qual è la tua massima aspirazione?

      Essere fonte di ispirazione. Non avrebbe senso creare arte se non ne generasse di nuova a sua volta, sarebbe vana o al massimo superflua.

      04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

      Sì, è l’invito a guardare oltre il primo velo, a provare a far parlare le immagini, a renderle vive.

      05. Che cosa vuol dire underground per te?

      In ambito artistico “Underground” è l’humous culturale che prepara la società ad accettare la prossima espressione estetica e concettuale, magari denigrata o considerata acerba ma che di fatto intimorisce perché mina l’attuale equilibrio o perché è semplicemente non compresa.askthepixel_balance

      06. Che progetto hai portato al festival e cosa ha significato per te?

      Il progetto che ho portato mi ha fatto riflettere più di quanto mi aspettassi su quanto profondo sia il tema affrontato, lo scattare fotografie da un dispositivo mobile. Quando sono apparse le prime fotocamere “embedded” nei telefoni cellulari già da tempo i sensori digitali avevano sostituito le pellicole nella maggior parte degli apparecchi di ripresa. Ma questo cambiamento ha aggiunto un ulteriore grado di astrazione dalla realtà: da quel giorno possiamo compiere un’azione che riguarda l’ambito visivo (fotografare) con uno strumento che abbiamo sempre usato per parlare e ascoltare (il telefono). L’immagine diventa anch’essa parte della conversazione (“embedded” anche loro) e fa parte integrante del suo senso: una frase non è più totalmente comprensibile senza una emoticon come una foto da sola non basta a definire un concetto. Si può definire una “fotografia aumentata”.

      07. Quanto sono importanti secondo te occasioni come il festival per promuovere i giovani creativi locali e cos’altro vorresti che venisse fatto in questo senso?

      Questi eventi sono fondamentali per la crescita della società. É molto raro che qualcuno si fermi a riflettere su ciò che ha davanti a sè quotidianamente o che esprima un concetto proprio, originale. Questa sorta di apatia, di inerzia spirituale, comunicativa ed espressiva deve essere controbilanciata da una risposta genuina di analisi creativa della realtà attraverso gli occhi e le mani di chiunque ne senta un onesto bisogno. L’arte si muove per osmosi, e bisogna respirarla perché passi da uomo a uomo, da generazione a generazione.

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      |  The Factory | Riccardo Bonuccelli  |

      “Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista.”