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FACTORY ASKS 0007: BEATRICE LA VISIONARIA

 

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Nome Artista 0007: Beatrice La Visionaria

BIO

Per tutti sono Beatrice La Visionaria. Nata a Lucca, giovedì 13 marzo del 1986 alle 13:56 in una splendida giornata di pioggia. Dopo un po’ di candeline spente sono arrivata all’Istituto d’Arte “A. Passaglia”- finalmente! Da lì in poi ho scarabocchiato, disegnato e dipinto su tutto quello che mi è capitato tra le mani. Sebbene abbia avuto l’occasione di partecipare a diverse mostre personali, è in mezzo agli altri, nella condivisione, che amo lavorare; che sia durante un live o un dj-set, partendo da una tela bianca, seguo la musica e vado con lei. Il resto di me lo trovate nei miei lavori.

01. Come hai intrapreso questo percorso artistico?

Mi chiamo Beatrice. Ho cominciato a parlare a tre anni e chiaccherare non è mai stato il mio forte. Se un estraneo mi rivolgeva parola rispondevo sì, no, non so. E se insisteva rispondevo quello che voleva sentirsi dire. Le cose una volta pensate, che bisogno c’è di dirle? Come disse di me ai miei uno psicologo: “La bambina ha il sé grandioso.” Ci vollero un paio di anni alle elementari per capire che dovevo comportarmi come tutti gli altri. Il segreto era di confondersi come una sardina in un banco di sardine. Ora nessuno mi rompeva più. La mosca era riuscita a fotterli tutti. Perfettamente integrata nella società di vespe. Credevano che io fossi una di loro. Una giusta. Ma più inscenavo questa farsa e più mi sentivo diversa. Da sola ero felice con gli altri dovevo recitare. Questa cosa mi impauriva. Avrei dovuto imitarli per il resto della vita? Niente di male, sempre che non ci sia niente di male a smettere di fare quello che si vuole per essere accettati nel vespaio.

IMG_938902. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

Immortalo i sentimenti del personaggio femminile che ho creato, La Visionaria, che poi sarebbe mia madre che muta e cambia nei dettagli,        ma gli stati d’animo che dipingo sono i suoi. La predilezione dell’universo femminile è sicuramente la caratteristica dei miei lavori.

03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

Riuscire a trasmettere con i miei lavori ciò che con le parole non so spiegare.

04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

La Visionaria con i suoi sentimenti, le sue passioni e le sue paure.IMG_9382

05. Che cosa vuol dire underground per te?

Produrre fuori dagli schemi tradizionali e commerciali.

 

 

 

| The Factory | Beatrice La Visionaria |

“Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista.”


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| FOTO&CONCEPT BY NICOL P. |

 

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FACTORY ASKS 0006: LIIA AHOLA

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Artist’s Name 0006: Liia Ahola

BIO

I was born in Finland in a family with quite artistic roots. My mother is some sort of poet, my mother’s mother crafts little clay things and my father’s father was a painter. Maybe it’s the genes, maybe the environment or perhaps some coincidence that supported my drawing hobby. However, at the beginning it was just my childish natural interest towards creating, so it’s really hard to say that at what point it turned out to be “my thing”.

01. How did your artistic career begin?

I used to go to an art club before teenage years. After that I decided to specialise in visual arts and design in my upper secondary school (in Finnish school system). There I studied 26 art and design courses, and I learned the basics of different techniques and theories. Though I would say that my artistic career really started after graduating. It was the beginning of the beginning. I started looking for my own voice, and I’m still on that way.

12084850_982634965131615_1170144426_o02. What is you work mainly inspired by?

For me making arts is sort of a way to talk with my soul, a way to face myself. And it’s more like a place to go rather than a thing to do. I go there whenever I lose myself in either the mysteries of life, or daydreams, love or pain. Human nature and feelings are an endless source of inspiration for me. Also, the people that I love inspire me. And animals. And nature. And the universe itself. Existence of everything. 

 

03. As an artist what is your maximum aspiration?

Well, so far each time someone wants to have my drawings or paintings on his/her wall my heart warms up. Making art feels meaningful when it gives joy to other people (and to me as well). It would also be cool to have my artworks in places where people could see them. In galleries, bars or some other suitable location. Even though, my highest aspiration at the moment is to be able to create, to enjoy and to give joy to other poeple as much as possible. It would also be very cool to collaborate with other artists, make some performances or collaborative paintings, maybe also some videos.

04. Is there a characterising message related to your work?

Not really. Often the message of my artworks is posive, or it’s about something that you need to think twice in order to understand, or even interest towards some phenomenon. Sometime it could be a bad joke that nobody understands. But not really.

05. What does underground mean to you?

I see underground art simply as something that has been done from desire of making it. From desire of saying something aloud or expressing oneself. Pure art without other things influencing it.


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VERSIONE ITA :

BIO

Sono nata in Finlandia in una famiglia dalle radici artistiche. Mia madre è una specie di poeta, mia nonna produce prodotti artigianali di argilla e mio nonno era un pittore. La mia passione per il disegno, forse viene dai geni, forse dall’ambiente in cui sono cresciuta, o forse è solo una strana coincidenza.

01. Come hai intrapreso questo percorso artistico?

Prima dell’adolescenza frequentavo un corso d’arte. Dopodiché al liceo ho deciso di specializzarmi in arti grafiche e design nella mia scuola secondaria (sistema scolastico finlandese). Lì ho seguito 26 diversi classi di design e arti visuali e grafiche e ho imparato i fondamenti delle diverse tecniche e teorie. Il mio percorso artistico però è iniziato davvero solo dopo che mi sono laureata.

 

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02. A chi o a cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

Per me fare arte è un modo per comunicare con la mia anima, per confrontarmi con me stessa. Ed è più un posto in cui vado piuttosto che una cosa che faccio. Ci vado ogni volta che mi perdo nei misteri della vita, dell’amore, del dolore, o quando sogno ad occhi aperti. La natura umana e i sentimenti sono un’ infinita fonte di ispirazione per me. Anche le persone che amo mi ispirano. E gli animali. E la natura. E l’universo stesso. L’esistenza del tutto.

03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

Ogni volta che qualcuno vuole avere i miei disegni sulla sua parete mi si scalda il cuore. Fare arte ha senso quando dà gioia alle persone (e anche a me). Mi piacerebbe anche che i miei lavori fossero esposti in luoghi in cui la gente li può ammirare. Gallerie, bar o altri posti adatti. Però la mia più grande aspirazione al momento è essere in grado di creare, divertirmi e dare gioia alle persone il più possibile. Mi piacerebbe molto anche collaborare con altri artisti, creare performance, dipinti condivisi e anche video magari.

04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

In realtà no. Spesso il messaggio dei miei lavori è positivo o riguarda qualcosa su cui devi riflettere bene prima di capire o l’interesse verso un particolare fenomeno. O qualche volta è una battuta che nessuno capisce.

05. Che cosa vuol dire underground per te?

Per me arte undeground identifica qualcosa che è nato dal desiderio di creare, di dire qualcosa ad alta voce o di esprimersi. Arte pura, senza influenze esterne.

 

| The Factory | Liia Ahola |

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“Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista.” 

Stories

L’UNDERGROUND A MILANO NON E’ MORTO, E’ SEPOLTO VIVO.

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Cox, Milano

Nel 1961 Marcel Duchamp immaginava l’underground come la nuova via da percorrere per gli artisti che volevano distinguersi all’interno nuovo panorama culturale dominato principalmente da logiche economiche[1]. Secondo questa definizione, le forme d’arte e di espressione underground si pongono in antitesi ad una concezione dell’arte come prodotto per le masse. Le conseguenze dei processi mediatici e sociali imposti dalla nuova economia incidono profondamente sulla dimensione artistica e culturale delle grandi città di tutto il mondo.

Dato che nel nostro paese Milano è una delle città che più risente degli effetti delle politiche economiche dettate dalla nuova economia, ho deciso di intervistare quattro dj e produttori che vivono e lavorano a Milano, per scoprire se esiste ancora una scena underground in questa città, almeno dal punto di vista musicale, e qual è il futuro di essa.

 

  1. Chi sei e di che cosa ti occupi a Milano?

Butti: Sono Andrea Buttinelli e al momento vivo a Londra ma sono nato e cresciuto a Milano, dove tra un lavoretto e l’altro ho organizzato concerti e serate fin da quando avevo 15 anni e ho iniziato la mia carriera da dj e produttore musicale.

Nobel: Ciao, sono Francesco, in arte Nobel, da alcuni mesi non vivo più a Milano ma ci vivevo fino a poco tempo fa. Quando ero lì, ero dj e produttore. In realtà nasco come produttore ma è da ormai parecchi anni che faccio entrambi per lo stile di musica che mi piace produrre, fare il dj è una naturale conseguenza.

Federico – Ltd Colours: Ciao, sono Federico e faccio parte, insieme a Riccardo, del duo Ltd Colours. Sono un produttore di musica elettronica e dj. Ltd Colours affonda le sue radici nella bass music e nasce dal desiderio, da parte di entrambi, di voler sperimentare, senza porci troppi paletti, con le differenti sfaccettature e sonorità che compongono il panorama della musica elettronica. Nel nostro primo EP uscito per Infinite Machine, abbiamo cercato di trasmettere proprio questo concetto, spaziando dalla jungle alla techno, alla dubstep, alla power house.

Riccardo – Ltd Colours: Sono Riccardo Baldoni, fonico di “Presa Diretta” e post-producer per vari studi di produzione video e ma, soprattutto sono un electronic music producer e dj nel progetto Ltd Colours insieme a Federico Nosari.

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Butti
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Nobel
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Ltd Colours
  1. Come descriveresti la scena artistica in cui si inserisce il tuo lavoro?

Butti: Penso che il termine scena costituisca un limite per l’arte stessa.

Nobel: La definirei viva e in continua evoluzione, qualcuno direbbe “satura“ ma penso che non sia il termine adatto, penso che “saturo“ sia qualcosa che si può riempire completamente e che quindi abbia un limite, una scena musicale non ha di questi vincoli fortunatamente.

Federico – Ltd Colours: La scena della bass music a Milano è realmente qualcosa di underground. Difficilmente, infatti, si riesce ad attirare il grande pubblico a serate di questo tipo. Si tratta di un genere che affonda le radici nella tradizione musicale britannica, senza dubbio estremamente differente dalla nostra. Per questo, probabilmente, il pubblico italiano risulta un po’ scettico e restio nei confronti di qualcosa che non conosce bene e che non appartiene al proprio bagaglio culturale. Nonostante questo, esistono collettivi e promoter come Lobo, Skeng, Elita che fanno del loro meglio per promuovere serate di qualità e artisti di rilievo.

Riccardo – Ltd Colours:  Anche se Ltd Colours trae ispirazione da molti e differenti ambienti musicali (tra i quali la scena techno berlinese, quella proto-DNB e garage londinese, quella house East Coast Americana e quella house francese) penso che il termine più efficace per descrivere la scena nella quale siamo inseriti sia Bass Music.

 

  1. Quali sono i luoghi a te più cari per quanto riguarda i movimenti underground che si sono costituiti e succeduti nella scena milanese?

Butti: Lo SGA di Arese va assolutamente al primo posto. Ora non esiste più ma è stato per molti anni un punto di riferimento soprattutto per la musica hardcore punk. Qualcuno una volta l’ha definito il CBGB d’Italia… entrare a far parte del collettivo di questo posto è stata la mia prima esperienza nel mondo della musica. Altri locali che meritano assolutamente un posto nel mio cuore sono Magnolia, Dude, Lo-Fi, Biko, Leoncavallo (e il suo vecchio basement Dauntaun)… Ho menzionato solo quelli a me piu cari, ma ce ne sono MOLTI altri.

Nobel: Posti importanti per la mia evoluzione musicale sono stati i Magazzini Generali, il Black Hole, il Biko, il Rocket e altri che che ora non ricordo neanche. A Milano la prima realtà musicale underground che ho seguito è stata la serata Klash ormai dieci anni fa nel 2005. La metto al primo posto sopratutto perché è stato il momento in cui ho capito che quello che ascoltavo poteva essere girato anche in chiave club. Non sono mai stato un party-harder se non forse durante un anno della mia vita, ho iniziato ad ascoltare musica IDM passando dalla Break Beat alla Big Beat fino ad arrivare all’ Electro Clash e poi a cose sempre più “club friendly”. Da quel momento ho sempre visto il mondo del clubbing come un lavoro, e andare alle serate era come andare a scuola. Ci sono due movimenti underground molto importanti per la mia carriera musicale: al primo posto assolutamente il collettivo veneto Trash Dance, che riesce ad unire (grazie alla sua forte presenza musicale e grafica) un grande seguito di persone educate su quello che vanno a sentire con una proposta musicale e artistica completamente in linea con quello che intendo io per underground. L’altro è il collettivo Weird Club Milan, anch’esso interessante nella proposta musicale e con una forte identità estetica.

Federico – Ltd Colours: I luoghi dove le realtà che citavo prima trovano terreno fertile e riescono a svilupparsi, sono i piccoli club e spesso i centri sociali, dove da sempre, in Italia, attecchiscono culture e tendenze lontane dai movimenti di massa. Il Dude Club è stato un buon punto di riferimento; da Via Plezzo16, prima che cambiasse location, sono passati un sacco di artisti della scena bass: da Kode9 a DVA, a Objekt, Dj Spinn, Cooly G ecc. Il Dude rappresenta uno dei luoghi a cui mi sono affezionato di più da quando sto a Milano. Nella vecchia location si respirava proprio un’aria familiare. Un piccolo club con un muro di casse che superava il pubblico dal dj, senza fronzoli, con poche luci e poche pretese se non quella di far ballare ottima musica. Con il passare del tempo, il cambio di location e l’ascesa totale della techno si è progressivamente adeguato al pubblico delle grandi occasioni. Ma ritengo che sia un procedimento normale, per uno dei migliori o forse il migliore tra i club milanesi.

Riccardo – Ltd Colours: Primo fra tutti il vecchio Dude. Poi sicuramente il Leoncavallo, Macao, il Cox, il Tunnel e il Bitte. In questi locali ho potuto assistere alle performance di alcuni dei dj e producer più importanti della scena underground europea e mondiale come Kode9, Bambounou, French Fries, Ron Morelli, Jon Hopkins, Kryptics Minds, Romare e molti altri.

Milano, Centro Sociale Leoncavallo, inaugurazione della mostra dei graffiti, l'esterno.
Centro Sociale Leoncavallo, Milano
  1. Data la diffusione su vasta scala di fenomeni un tempo considerati underground, come ad esempio la cultura hipster, credi che si possa ancora parlare dell’esistenza di una scena underground a Milano, o l’ossimoro ideologico è inevitabile su questo fronte?

Butti: La musica underground a Milano esiste perché c’è chi la fa. C’è un grande spirito artistico e in un certo senso “alternativo” all’interno della mentalità delle persone che ci vivono. Quello che manca è un senso di appartenenza territoriale e culturale e di conseguenza un ideale di unità, ma credo che ci siano delle personalità che potrebbero fare da anello tra i vari “gruppi di artisti”…

Nobel: La mia idea di underground non è la sperimentazione fine a se stessa. Un movimento musicale underground deve avere la consapevolezza e la voglia di crescere, il fatto che ora qualcosa che noi consideravamo underground non lo sia più o che arrivi molto velocemente alle masse non è una cosa per forza negativa, è negativo il fatto che ci si adagi su di questo e si cominci a fare qualcosa PER la massa.
In secondo luogo la veloce diffusione di sonorità un tempo considerate difficili o di nicchia denota un’apertura mentale dell’ascoltatore, e anche questa è una cosa positiva. Detto questo la scena underground a Milano esiste, solo che è molto diversa da come era un tempo perché, chi spinge qualcosa di innovativo adesso lo fa provando a farsi capire da tutti senza rimanere chiuso nel suo guscio, ad esempio puntando anche sull’aspetto grafico.

Federico – Ltd Colours: Credo che prima di poter parlare di fenomeni underground sia necessario presupporre l’esistenza di un’identità musicale. Un movimento nasce da artisti che riescono a trovare, all’interno di una comunità, gli spazi necessari per potersi esprimere e confrontare, soprattutto tra di loro. Manca questo a Milano, almeno per quanto riguarda la musica che produciamo. Spesso le serate sono organizzate dagli stessi 4 dj che si alternano per tutta la serata e per tutto l’anno. Viene quindi lasciato poco spazio ai dj locali emergenti rendendo sempre più difficile la creazione di un’identità. Manca una connessione tra le molteplici realtà che gravitano intorno alla città, ognuno si coltiva il proprio orticello inseguendo l’artista che l’anno precedente andava tanto di moda a Londra, Parigi o Berlino.

Riccardo – Ltd Colours:  Parlare di underground in questi anni è, secondo me, molto complesso visto che nell’ultimo periodo i canali di comunicazione e promozione per i generi che prima si definivano underground e per quelli mainstream sono praticamente gli stessi. Analizzando però il concetto dal punto di vista del seguito che un certo genere può avere il discorso cambia: a Milano ci sono alcune piccole realtà che cercano di di proporre artisti di qualità e generi di musica che in Italia possono essere considerati di nicchia. Collettivi come Elita, Lobo e Skeng stanno facendo un ottimo lavoro per far conoscere generi di musica che altrimenti rimarrebbero sconosciuti alla maggior parte dei clubber milanesi.

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Dude Club, Milano
  1. Quali nuove declinazioni culturali pensi possano scaturire dalla scena musicale e artistica milanese per com’è configurata oggi giorno?

Butti: Citando la risposta precedente manca un senso di unità tra gli artisti milanesi e di conseguenza prevedere cosa verrà fuori domani è impossibile, che a pensarci bene è anche quello che mantiene questa città misteriosamente interessante. Le uniche ideologie comuni di cui credo e spero di essere sicuro sono l’antifascismo e l’odio per ogni tipo di discriminazione.

Nobel: La musica da club a Milano è molto legata alla moda, ed è giusto che sia così. A noi la moda interessa e ci teniamo all’apparire, inutile negarlo. La domanda però rimane molto difficile: credo che da tutto questo usciranno prodotti e serate sempre più legate ad un’immagine estetica che intrattenga l’ascoltatore anche visivamente oltre che a livello uditivo, per poi magari arrivare all’antitesi di tutto questo eliminando tutti gli elementi grafici (il che è graficamente altrettanto potente). Sto solo viaggiando di fantasia. Che è quello che mi hai chiesto di fare sostanzialmente 🙂 Credo però  che spesso la qualità visiva è quasi più importante di quella sonora. Dubito che questo possa cambiare mai a Milano.

Riccardo – Ltd Colours: Un altro punto da prendere in considerazione è la mancanza di comunicazione tra le piccole realtà presenti a Milano che si chiudono a riccio e non riescono comunicare e collaborare in modo costruttivo. Sono sicuro che la scena musicale milanese possa dare molto ma c’è sicuramente bisogno di investire di più su artisti emergenti.

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artwork, Weird by SPG
  1. Secondo te, c’è un futuro per l’underground a Milano?

Butti: Si, ma ancora, solo se con il tempo si riuscirà a creare un senso di unità e appartenenza. Penso che l’ammirazione verso le realtà estere sia normale ma che allo stesso tempo dovrebbe essere fonte di motivazione per migliorare la propria realtà. Come ho già detto per il momento vivo a Londra, che è un’ottima scuola sotto molti punti di vista, ma sto pianificando di tornare a vivere a Milano per mettere in pratica quello che sto imparando e tornare a “schierarmi in prima linea”.

Nobel: Noi a Milano siamo molto chiusi per quanto riguarda i rapporti lavorativi e molto divisi in fazioni che si muovono parallelamente e non si incontrano mai (se non spesso per secondi fini). Questa è la cosa che non mi piace a livello personale e che inevitabilmente rallenta le cose. Ma non posso dire che non ci sia gente che provi a proporre cose nuove e non posso altrettanto dire che non ci sia gente pronta ad ascoltarle. Sicuramente non abbiamo una cultura musicale come la possono avere altri paesi. Siamo ancora giovani da questo punto di vista. Le cose stanno cambiando però e non credo sinceramente in una regressione in questo senso.

Federico – Ltd Colours: Sono convinto che possa esistere un futuro per l’underground milanese ma è fondamentale creare prima un’identità artistica.

Riccardo – Ltd Colours: E’ molto difficile prevedere se nasceranno nuovi generi e movimenti dalla scena artistica milanese. Quello che però si percepisce distintamente è la mancanza di un identità ben definita. Questo probabilmente deriva dal poco spazio che viene dato agli artisti emergenti che non riescono ad esprimersi a pieno e a confrontarsi tra loro.

| The Factory | Celine |

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FACTORY ASKS 0003 : BEATRICE TACCOGNA

foto di Nicol P.
foto di Nicol P.

Nome artista 0003: Beatrice Taccogna

BIO

Nata a Pontedera il 4 febbraio del 1992 vive a Cascina (Pisa) dove ha studiato all’Istituto d’arte conseguendo diploma in scenografia teatrale. Attualmente frequenta il terzo anno di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Sin da bambina dimostra interesse verso il disegno e la pittura. Protagoniste dei suoi quadri sono spesso le donne che una volta dipinte diventano autoritratti introspettivi. Vede la pittura come un momento di evasione dalla vita quotidiana e cerca, attraverso le sue opere, di succitare nell’animo di chi le guarda, sensazioni che solo l’arte sa provocare.

01. Come hai intrapreso questo percorso artistico?

Non ricordo cosa in particolare mi abbia spinto verso l’Arte, ma fin da piccola disegno e dipingo, mio nonno lo faceva e come lui mio padre,credo si una sorta di “eredità artistica” arrivata fino a me .

02. A chi o a cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

Amo Frida Kahlo, come artista e persona.La sua vita mi ha ispirata molto, non una cosa di lei o un quadro, ma l’insieme delle sue opere che raccontano una storia tormentata quanto piena di emozioni che mi ha colpita e mi ha ispirata tantissimo verso il tipo di arte che faccio oggi

03. In quanto artista qual è la tua massima aspirazione?

La mia massima aspirazione è quella di poter viaggiare e, anche se può sembrare un utopia visti i tempi, vivere della mia arte e magari creare spazi che diano possibilità a giovani artisti come me di potersi esprimere e farsi conoscere.

04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

Quando dipingo ricordo a me stessa che ci sono e che l’Arte è qualcosa che nessuno potrà mai togliermi o contestarmi. Non c’è un messaggio in particolare che voglio comunicare, forse egoisticamente le mie opere parlano solo di me, un momento tutto mio nel quale però possono identificarsi altre persone apprezzando i miei lavori. Non credo si debba percorsa cercare o imporsi un messaggio sociale legato all’arte o almeno non sempre, si può anche fare arte per il piacere di farla.

05. Che cosa vuol dire Underground per te?

Underground è un termine molto complesso e spesso dimenticato, underground non significa solo “alternativo” come spesso viene sintetizzato questo concetto.per me significa indipendenza e voglia di innovazione rispetto alle “tradizioni” artistiche, culturali e sociali.

|  The Factory  |  Beatrice Taccogna  |

“Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista”

foto di Nicol P. (Summer Carnival Opening Party, Maggio 2014)